Italo Pizzi, Letteratura araba, U. Hoepli, 1903, p. 249. URL consultato il 29 luglio 2009.
«Erano allora, nell'esercito dei Franchi, nove Conti preposti al loro comando: Goffredo e suo fratello il Conte, Boemondo e il figlio d'una sua sorella, Tancredi, Saint-Gilles, Baldovino e altri. Boemondo li raccolse a consiglio e disse loro: Se noi espugneremo questa città d'Antiochia, a chi toccherà essa?- Furon discordi in ciò; ciascuno, anzi, la richiedeva per sé. Egli allora disse: il consiglio migliore è che ciascun di noi ne guidi l'assedio per una settimana e che essa tocchi a quel tale che nella sua settimana l'avrà espugnata.- Così, su questo punto, s'accordarono. Quando venne il turno di Boemondo, Al-Razzâd (lo maledica Iddio!) calò ai Franchi una corda, ed essi così poteron montar sulle mura. V'accorsero anzi in folla e l'uno si trasse dietro l'altro. Vennero quindi alle scolte e le ammazzarono. Così Boemondo figlio di Guiscardo ebbesi in mano la città.»