Il biblista Mauro Pesce precisa che tale frase "com'è noto [...] non è storica: proietta all'indietro le polemiche tra i Giudei e i seguaci di Gesù della fine del I secolo". Analogo parere di Raymond Brown che ritiene che "questo episodio rappresenti una composizione di Matteo sulla base di una tradizione popolare riflettente sul tema del sangue innocente di Gesù e della responsabilità da esso creato. È della stessa derivazione e formazione degli episodi di Giuda e della moglie di Pilato. (Infatti io sospetto che la tradizione dietro alla storia dei Magi arrivi dagli stessi circoli giudaico cristiani)". Anche lo storico Aldo Schiavone sottolinea per tale episodio matteano, così come per gli altri contenuti antiebraici introdotti dall'evangelista nel processo di fronte a Pilato, che "non si può credere a una sola parola di questo racconto". (Adriana Destro e Mauro Pesce, La morte di Gesù, Rizzoli, 2014, p. 122, ISBN 978-88-17-07429-2; Raymond E. Brown, The Death of the Messiah, Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, p. 833, ISBN 978-0-300-14009-5; Aldo Schiavone, Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria, Einaudi, 2016, ISBN 978-88-062-2836-1; Ma Pilato non si lavò le mani, archiviato [1].).
laparola.net
Nel Vangelo secondo Luca - in merito al verso Lc 23,25, su laparola.net.: "Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà" - gli studiosi dell'interconfessionale "Parola del Signore Commentata" rilevano che "in modo ancora più forte di Matteo, Luca giudica i Romani liberi dalla «colpa» della morte di Gesù. Luca tace addirittura il fatto che sia stato Pilato a pronunziare la sentenza di morte. L'unico fatto che egli ci riferisce è che il governatore lasciò che fossero gli abitanti di Gerusalemme a decidere sulla sorte di Gesù". (Parola del Signore Commentata, traduzione interconfessionale, Nuovo Testamento, LDC/ABU, 1981, p. 267.).
Osserva Raymond Brown che "non ci possono essere dubbi che una serie di passaggi degli Atti degli Apostoli inaspriscono la visione del coinvolgimento giudaico nella morte di Gesù [e] andando oltre all'idea della condanna di Gesù, alcuni di questi brani presentano gli stessi Ebrei come coloro che lo uccisero", come ad esempio i passi At 2,23, su laparola.net.; At 2,36, su laparola.net.; At 3,13-17, su laparola.net.; At 4,10, su laparola.net.; At 4,25-28, su laparola.net.; At 5,30, su laparola.net.; At 7,52, su laparola.net.; At 10,39, su laparola.net.; At 13,27-29, su laparola.net.. (Raymond E. Brown, The Death of the Messiah Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, p. 390, ISBN 978-0-300-14009-5.).
Dove, ad esempio, si sottolinea come "Cristo crocifisso fu considerato essere un ostacolo per gli Ebrei ( 1Corinti1,23, su laparola.net.), il rifiuto di Cristo un più grande ostacolo per Israele ( Rm 9-11, su laparola.net.)". (Raymond E. Brown, The Death of the Messiah, Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, p. 391, ISBN 978-0-300-14009-5.). Inoltre, nella Prima lettera ai Tessalonicesi - che, scritta attorno al 50 d.C., è il più antico documento neotestamentario esistente - con "forte tono antisemitico [...] Paolo enumera una serie di accuse contro i Giudei: l'uccisione di Gesù e dei profeti, la persecuzione contro Paolo e i suoi collaboratori, la disubbidienza verso Dio, l'inimicizia nei confronti degli uomini, il porre impedimenti al vangelo perché non raggiunga i pagani laddove possa servire alla loro salvezza", come osservato dagli esegeti del cattolico "Nuovo Grande Commentario Biblico" in merito al verso 1Tes 2,13-16, su laparola.net., precisando anche come "questo è l'unico passo negli scritti di Paolo dove la responsabilità della morte di Gesù è addossata ai Giudei"; pur essendo la Prima lettera ai Tessalonicesi tra le sette lettere di Paolo ritenute genuine, questo verso, che oggi "molti studiosi giudicano inautentico", è considerato un'interpolazione cristiana successiva in chiave antiebraica. (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, pp. 1010-1014, ISBN 88-399-0054-3.).
Mc 14,55, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
Lc 23,25, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
Mt 27,25, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
At 3,17, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
Mt 27,25, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
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Il biblista Mauro Pesce precisa che tale frase "com'è noto [...] non è storica: proietta all'indietro le polemiche tra i Giudei e i seguaci di Gesù della fine del I secolo". Analogo parere di Raymond Brown che ritiene che "questo episodio rappresenti una composizione di Matteo sulla base di una tradizione popolare riflettente sul tema del sangue innocente di Gesù e della responsabilità da esso creato. È della stessa derivazione e formazione degli episodi di Giuda e della moglie di Pilato. (Infatti io sospetto che la tradizione dietro alla storia dei Magi arrivi dagli stessi circoli giudaico cristiani)". Anche lo storico Aldo Schiavone sottolinea per tale episodio matteano, così come per gli altri contenuti antiebraici introdotti dall'evangelista nel processo di fronte a Pilato, che "non si può credere a una sola parola di questo racconto". (Adriana Destro e Mauro Pesce, La morte di Gesù, Rizzoli, 2014, p. 122, ISBN 978-88-17-07429-2; Raymond E. Brown, The Death of the Messiah, Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, p. 833, ISBN 978-0-300-14009-5; Aldo Schiavone, Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria, Einaudi, 2016, ISBN 978-88-062-2836-1; Ma Pilato non si lavò le mani, archiviato [1].).