Curzio Inghirami (Italian Wikipedia)

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academia.edu

  • Camilla Fiore (2012), p. 74.
    «La notizia del rinvenimento degli Scarith suscitò la curiosità e l’attenzione dei più illustri eruditi e antiquari europei provocando una vera e propria querelle che si consumò tramite la pubblicazione di numerosi trattati. Nel 1636 Paganino Gaudenzi (1595-1649), colto linguista e lettore di “lettere umane” presso lo Studio di Pisa dal 1628, membro dell’Accademia dei Disuniti, pubblicò il trattato De charta: exercitatio, raccolta di brani dalle più rinomate fonti classiche che doveva dimostrare l’impossibilità dell’utilizzo della carta di lino da parte dei popoli primitivi e dunque la falsità degli Scarith. Inoltre il Gaudenzi aveva in preparazione un altro volume dedicato agli ormai celebri reperti pubblicato nel 1639 ad Amsterdam insieme all’erudito danese Heinrich Ernst (Ad antiquitates etruscas quas Volaterrae nuper dederunt observationes, in quibus disquisitionis astronomicae de etruscarum antiquitatum fragmentis auctor quoque notatur), vincendo le forti ostilità che si sollevarono dalla corte medicea. Lungi dall’estinguersi la polemica proseguì aspramente nel 1640 nel volume dell’illustre studioso greco, e futuro bibliotecario della vaticana, Leone Allacci (1586-1669) (l'Animadversiones in antiquitatum etruscarum fragmenta ab Inghiramio edita) che dimostrò la falsità del ritrovamento sia dal punto di vista storico (Fesulani Chronologia merum deliramentum) sia linguistico (Fesulani errores in Grammaticis). Agli stessi anni appartiene il carteggio tra Cassiano Dal Pozzo (1588-1657) e il teologo di casa Sacchetti Vincenzo Noghera che coadiuvarono l’Allacci nel reperire fonti e testimonianze a supporto delle sue tesi.»
    Camilla Fiore, «Parmi d’andare peregrinando dolcissimamente per quell’Etruria». Scoperte antiquarie e natura nell’Etruria di Curzio Inghirami e Athanasius Kircher, in Storia dell’arte, n. 133, 2012, pp. 53-81, ISSN 0392-4513 (WC · ACNP).
  • Anche l'erudito olivetano Secondo Lancellotti si occupò della questione, lasciando inedito un Discorso contro la credenza delle cose sotto nome di antichità trovate in Volterra, brillante confutazione degli apocrifi di Inghirami (Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. 1660, c. 3v. Il codice, apografo, riporta il Discorso di Lancellotti e un'anonima confutazione; l'autografo, che il Vermiglioli segnalava nella Biblioteca di Volterra, pare oggi perduto). Cfr.: Franco Arato, Un enciclopedista perugino del Seicento: Secondo Lancellotti, in Studi settecenteschi, XVI, 1996, pp. 28-29, ISSN 0392-7326 (WC · ACNP).

archive.org

  • Ingrid D. Rowland (2004), p. 118.
    «In 1647 the city council of Volterra resolved to contribute to a new international project devised by the French Jesuit Jean Bolland: a scholarly edition of the lives of the saints with a huge apparatus of learned notes on their relics and their location (the still ongoing Acta Sanctorum). As the birthplace of Saint Linus, the second pope, Volterra had a Christian history to be proud of. The task of drafting Volterra's report for Jean Bolland and his team fell to Curzio Inghirami and Raffaello Maffei, whose fame and erudition were warmly noted in their letter of appointment. They completed their Processo alle Sacre Reliquie (Trial of the Sacred Relics) in 1649.»
    (EN) Ingrid D. Rowland, The Scarith of Scornello: A Tale of Renaissance Forgery, University of Chicago Press, 2004, ISBN 9780226730363.

google.it

books.google.it

  • Elogj (1771). Elogio di Curzio Inghirami, in Elogj degli uomini illustri toscani, vol. 4, Lucca, 1771.
  • Non mancarono i difensori dell'Inghirami. Cfr.: Pietro Fanfani (1875), p. 324.
    «Primo di tutti, com'era naturale, lo stesso Curzio Inghirami difese i Frammenti con un librone che non finisce mai, il quale è dotto veramente, ed illustra moltissimo le Antichità etrusche, benchè alla difesa degli scritti non giovi nulla. Ci fu un pro e contra vivissimo tra gli eruditi e tra vari giornali letterari: il Lisci di Firenze prese apertamente le difese dell'Inghirami; e lo difese, stupite!, lo stesso Muratori, il quale per altro più la buona fede dell'Inghirami difese, che i Frammenti da esso dati fuori.»
    Pietro Fanfani, Del pirronismo storico-critico e dei libri apocrifi, in Nuova antologia, vol. 29, 1875, pp. 307-327.
  • Leone Allacci, Animadversiones in antiquitatum Etruscarum fragmenta ab Inghiramio edita, Parigi, Sebastianus Cramoisy, 1640.
  • (EN) Anthony Grafton, Inky Fingers: The Making of Books in Early Modern Europe, Harvard University Press, 2020, pp. 88-89, ISBN 9780674237179.
    «In a polemical pamphlet, Allacci denounced the new texts as fakes. The writing in the Etruscan texts went in the wrong direction, from left to right. More important—and more telling—was the fact that the Latin texts were written in minuscule. Drawing on earlier humanists, many of whom had discussed the subject briefly or in passing, Allacci insisted that the Romans had always cast their literary texts in majuscules. He used the Vatican and Roman Virgils, as well as the Florentine Pandects, to make this point. Allacci's sketch for a history of early Latin writing, starting with different forms of capital letters, provided the model for Mabillon, who cited it.»
  • (DE) Wolfgang Speyer, Die literarische Fälschung im Altertum, C.H. Beck, 1971, p. 101, ISBN 9783406033889.
    «Befruchtend auf den kritischen Sinn wirkten aber auch zeitgenössische Fälschungen, wie die angeblich von Annius von Viterbo entdeckten Fragmente des Berosos oder die Etruskischen Altertümer des Curzio Inghirami, da die Gelehrten sich zu einer Prüfung der neuen Funde genötigt sahen und dabei ihre Kenntnisse des antiken Buchwesens zu erweitern strebten.»

unibo.it

acnpsearch.unibo.it

  • Camilla Fiore (2012), p. 74.
    «La notizia del rinvenimento degli Scarith suscitò la curiosità e l’attenzione dei più illustri eruditi e antiquari europei provocando una vera e propria querelle che si consumò tramite la pubblicazione di numerosi trattati. Nel 1636 Paganino Gaudenzi (1595-1649), colto linguista e lettore di “lettere umane” presso lo Studio di Pisa dal 1628, membro dell’Accademia dei Disuniti, pubblicò il trattato De charta: exercitatio, raccolta di brani dalle più rinomate fonti classiche che doveva dimostrare l’impossibilità dell’utilizzo della carta di lino da parte dei popoli primitivi e dunque la falsità degli Scarith. Inoltre il Gaudenzi aveva in preparazione un altro volume dedicato agli ormai celebri reperti pubblicato nel 1639 ad Amsterdam insieme all’erudito danese Heinrich Ernst (Ad antiquitates etruscas quas Volaterrae nuper dederunt observationes, in quibus disquisitionis astronomicae de etruscarum antiquitatum fragmentis auctor quoque notatur), vincendo le forti ostilità che si sollevarono dalla corte medicea. Lungi dall’estinguersi la polemica proseguì aspramente nel 1640 nel volume dell’illustre studioso greco, e futuro bibliotecario della vaticana, Leone Allacci (1586-1669) (l'Animadversiones in antiquitatum etruscarum fragmenta ab Inghiramio edita) che dimostrò la falsità del ritrovamento sia dal punto di vista storico (Fesulani Chronologia merum deliramentum) sia linguistico (Fesulani errores in Grammaticis). Agli stessi anni appartiene il carteggio tra Cassiano Dal Pozzo (1588-1657) e il teologo di casa Sacchetti Vincenzo Noghera che coadiuvarono l’Allacci nel reperire fonti e testimonianze a supporto delle sue tesi.»
    Camilla Fiore, «Parmi d’andare peregrinando dolcissimamente per quell’Etruria». Scoperte antiquarie e natura nell’Etruria di Curzio Inghirami e Athanasius Kircher, in Storia dell’arte, n. 133, 2012, pp. 53-81, ISSN 0392-4513 (WC · ACNP).
  • Anche l'erudito olivetano Secondo Lancellotti si occupò della questione, lasciando inedito un Discorso contro la credenza delle cose sotto nome di antichità trovate in Volterra, brillante confutazione degli apocrifi di Inghirami (Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. 1660, c. 3v. Il codice, apografo, riporta il Discorso di Lancellotti e un'anonima confutazione; l'autografo, che il Vermiglioli segnalava nella Biblioteca di Volterra, pare oggi perduto). Cfr.: Franco Arato, Un enciclopedista perugino del Seicento: Secondo Lancellotti, in Studi settecenteschi, XVI, 1996, pp. 28-29, ISSN 0392-7326 (WC · ACNP).

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  • Camilla Fiore (2012), p. 74.
    «La notizia del rinvenimento degli Scarith suscitò la curiosità e l’attenzione dei più illustri eruditi e antiquari europei provocando una vera e propria querelle che si consumò tramite la pubblicazione di numerosi trattati. Nel 1636 Paganino Gaudenzi (1595-1649), colto linguista e lettore di “lettere umane” presso lo Studio di Pisa dal 1628, membro dell’Accademia dei Disuniti, pubblicò il trattato De charta: exercitatio, raccolta di brani dalle più rinomate fonti classiche che doveva dimostrare l’impossibilità dell’utilizzo della carta di lino da parte dei popoli primitivi e dunque la falsità degli Scarith. Inoltre il Gaudenzi aveva in preparazione un altro volume dedicato agli ormai celebri reperti pubblicato nel 1639 ad Amsterdam insieme all’erudito danese Heinrich Ernst (Ad antiquitates etruscas quas Volaterrae nuper dederunt observationes, in quibus disquisitionis astronomicae de etruscarum antiquitatum fragmentis auctor quoque notatur), vincendo le forti ostilità che si sollevarono dalla corte medicea. Lungi dall’estinguersi la polemica proseguì aspramente nel 1640 nel volume dell’illustre studioso greco, e futuro bibliotecario della vaticana, Leone Allacci (1586-1669) (l'Animadversiones in antiquitatum etruscarum fragmenta ab Inghiramio edita) che dimostrò la falsità del ritrovamento sia dal punto di vista storico (Fesulani Chronologia merum deliramentum) sia linguistico (Fesulani errores in Grammaticis). Agli stessi anni appartiene il carteggio tra Cassiano Dal Pozzo (1588-1657) e il teologo di casa Sacchetti Vincenzo Noghera che coadiuvarono l’Allacci nel reperire fonti e testimonianze a supporto delle sue tesi.»
    Camilla Fiore, «Parmi d’andare peregrinando dolcissimamente per quell’Etruria». Scoperte antiquarie e natura nell’Etruria di Curzio Inghirami e Athanasius Kircher, in Storia dell’arte, n. 133, 2012, pp. 53-81, ISSN 0392-4513 (WC · ACNP).
  • Anche l'erudito olivetano Secondo Lancellotti si occupò della questione, lasciando inedito un Discorso contro la credenza delle cose sotto nome di antichità trovate in Volterra, brillante confutazione degli apocrifi di Inghirami (Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. 1660, c. 3v. Il codice, apografo, riporta il Discorso di Lancellotti e un'anonima confutazione; l'autografo, che il Vermiglioli segnalava nella Biblioteca di Volterra, pare oggi perduto). Cfr.: Franco Arato, Un enciclopedista perugino del Seicento: Secondo Lancellotti, in Studi settecenteschi, XVI, 1996, pp. 28-29, ISSN 0392-7326 (WC · ACNP).