"Ille ego, qui quondam gracili modulatus avena carmen, et egressus silvis vicina coegi ut quamvis avido parerent arva colono, gratum opus agricolis, at nunc horrentia Martis arma virumque cano..." La maggior parte dei poeti antichi indica come l'incipit del poema fosse Arma virumque cano, ma i quattro versi precedenti esistevano giĆ al tempo di Svetonio e furono difesi dai commentatori tardo-antichi Donato, Servio e Prisciano. Gli studiosi odierni generalmente li considerano spuri. Cfr. comunque Luca Mondin, Ipotesi sopra il falso proemio dell'Eneide, con la bibliografia ivi citata.