Secondo le fonti primarie (ad esempio Paolo Diacono, II, 5) i Romani esercitarono pressioni sull'Imperatore affinché rimuovesse Narsete dal governo dell'Italia asserendo di preferire, al punto addirittura da rimpiangerla, la dominazione dei Goti al suo governo, e minacciando di consegnare l'Italia e Roma ai barbari. (LA) Paolo Diacono, Historia Langobardorum, in Georg Waitz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI–IX, Hannover, 1878, pp. 12-219.
Il termine strategos autokrator ricorre nelle opere di Procopio di Cesarea. Secondo Procopio (De bello vandalico, I, 11.20), Giustiniano, nel nominare Belisario strategos autokrator, «gli aveva rilasciato autorizzazione scritta a compiere qualunque cosa gli sembrasse più opportuno fare: ogni sua decisione avrebbe avuto autorità assoluta, come se l'avesse presa lo stesso imperatore». Non risulta che Giustiniano avesse istituito un magister militum Italiae ma sembrerebbe che si fosse limitato ad affidare il governo militare dell'Italia a Narsete con pieni poteri (come strategos autokrator). Una cronaca del VII secolo (Auctarii Hauniensis Extrema, 1-2 (p. 337)) menziona un Asbado nominato da Giustiniano magister militiae Italiae che avrebbe riconquistato molte città agli Ostrogoti ma tale testimonianza viene ritenuta inattendibile per problematiche di carattere cronologico (colloca erroneamente le gesta militari di tale generale tra il 526 e il 528, quando la guerra gotica non era ancora cominciata, e anche la proposta di emendare Giustiniano con Giustino II, spostando le sue gesta nel biennio 565-566, presenta dei problemi, essendo in contraddizione con il fatto che la massima autorità militare nella penisola era allora Narsete). Cfr. Ravegnani 2011, pp. 34-35. (LA) Theodor Mommsen (a cura di), Auctarii Hauniensis Extrema, in Monumenta Germaniae Historica, collana Auctores antiquissimi, Chronica Minora Saec. IV. V. VI. VII (I), Berlino, 1892, pp. 337-340. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568.
Tenendo presente che il termine "esarca" per indicare la massima autorità bizantina in Italia e in Africa compare solo nelle fonti italiche (a parte il riferimento vago e dubbio a un Fozio «esarco di Roma» nell'agiografia di San Teodoro di Sykeon) e che nel greco popolare exarchos significava "generale", non è da escludere che inizialmente fosse un termine ufficioso diffusosi tra il popolo che solo in seguito sarebbe diventato ufficiale. Cfr. Ravegnani 2011, pp. 33-37 e Borri, pp. 3-5. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Francesco Borri, Duces e magistri militum nell'Italia esarcale (VI-VIII secolo) (PDF), in Reti Medievali Rivista, VI, 2005/2 (luglio-dicembre), Firenze, Firenze University Press, 2005, DOI:10.6092/1593-2214/187. URL consultato il 16 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
Il termine "esarca", in origine, indicava il comandante di una formazione di sei cavalieri; inoltre, era frequentemente usato nel linguaggio popolare per indicare i generali dell'esercito (ad esempio nelle cronache di Giovanni Malala e di Teofane Confessore il titolo di exarchos viene attribuito a diversi duces e magistri militum bizantini, nonché ad alcuni generali nemici, e anche lo stesso Narsete, nella narrazione della vittoria su Totila, viene definito "esarca dei Romani" dalle suddette fonti). Cfr. Ravegnani 2011, pp. 33-37 e Borri, pp. 3-5. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Francesco Borri, Duces e magistri militum nell'Italia esarcale (VI-VIII secolo) (PDF), in Reti Medievali Rivista, VI, 2005/2 (luglio-dicembre), Firenze, Firenze University Press, 2005, DOI:10.6092/1593-2214/187. URL consultato il 16 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
L'ipotesi si basa su un passo ambiguo del Liber Pontificalis, che afferma che Eutichio "dudum exarchus fuerat". Alcuni studiosi hanno tradotto "dudum" con "in precedenza", interpretando il testo come una conferma di un possibile primo mandato di Eutichio da datare intorno al 711-713. Altri studiosi hanno fatto notare invece che "dudum" può significare anche "per lungo tempo", e che quindi il passo del Liber Pontificalis in questione non prova l'ipotesi che Eutichio nel 727 fosse al suo secondo mandato. Cfr. Ravegnani 2011, p. 84 e Eutichio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568.
Tenendo presente che il termine "esarca" per indicare la massima autorità bizantina in Italia e in Africa compare solo nelle fonti italiche (a parte il riferimento vago e dubbio a un Fozio «esarco di Roma» nell'agiografia di San Teodoro di Sykeon) e che nel greco popolare exarchos significava "generale", non è da escludere che inizialmente fosse un termine ufficioso diffusosi tra il popolo che solo in seguito sarebbe diventato ufficiale. Cfr. Ravegnani 2011, pp. 33-37 e Borri, pp. 3-5. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Francesco Borri, Duces e magistri militum nell'Italia esarcale (VI-VIII secolo) (PDF), in Reti Medievali Rivista, VI, 2005/2 (luglio-dicembre), Firenze, Firenze University Press, 2005, DOI:10.6092/1593-2214/187. URL consultato il 16 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
Il termine "esarca", in origine, indicava il comandante di una formazione di sei cavalieri; inoltre, era frequentemente usato nel linguaggio popolare per indicare i generali dell'esercito (ad esempio nelle cronache di Giovanni Malala e di Teofane Confessore il titolo di exarchos viene attribuito a diversi duces e magistri militum bizantini, nonché ad alcuni generali nemici, e anche lo stesso Narsete, nella narrazione della vittoria su Totila, viene definito "esarca dei Romani" dalle suddette fonti). Cfr. Ravegnani 2011, pp. 33-37 e Borri, pp. 3-5. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Francesco Borri, Duces e magistri militum nell'Italia esarcale (VI-VIII secolo) (PDF), in Reti Medievali Rivista, VI, 2005/2 (luglio-dicembre), Firenze, Firenze University Press, 2005, DOI:10.6092/1593-2214/187. URL consultato il 16 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
Il termine "Esarcato" comincia a comparire nelle fonti solo posteriormente al 751, «a significare il territorio su cui concretamente esercitava il proprio potere l'esarca nel secolo VIII, cioè sostanzialmente l'area ravennate» (Cosentino, p. 137). Tuttavia è prassi storiografica usare il termine "Esarcato" anche per designare l'insieme dei territori costituenti la Provincia Italiae, termine con cui le fonti legali definiscono l'Italia continentale e peninsulare bizantina (vedasi Cosentino, p. 137). Del resto una fonte dell'epoca, il Liber Diurnus, definisce l'esarca d'Italia il signore della «servile provincia d'Italia» (Ravegnani 2011, p. 42). Per Cosentino comunque questa accezione più ampia sarebbe valida solo fino alla fine del VII secolo, quando l'esarca riusciva ancora a «esercitare concretamente una funzione di coordinamento politico tra Costantinopoli e le aree bizantine della Penisola», mentre nell'VIII secolo, avendo perso il controllo dei governatori ducali, «l'esarco non estendeva concretamente il suo potere al di là delle terre di Romagna» (Cosentino, p. 137). Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, ISBN978-88-7395-360-9. Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, ISBN978-88-7395-360-9. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, ISBN978-88-7395-360-9.
Il termine strategos autokrator ricorre nelle opere di Procopio di Cesarea. Secondo Procopio (De bello vandalico, I, 11.20), Giustiniano, nel nominare Belisario strategos autokrator, «gli aveva rilasciato autorizzazione scritta a compiere qualunque cosa gli sembrasse più opportuno fare: ogni sua decisione avrebbe avuto autorità assoluta, come se l'avesse presa lo stesso imperatore». Non risulta che Giustiniano avesse istituito un magister militum Italiae ma sembrerebbe che si fosse limitato ad affidare il governo militare dell'Italia a Narsete con pieni poteri (come strategos autokrator). Una cronaca del VII secolo (Auctarii Hauniensis Extrema, 1-2 (p. 337)) menziona un Asbado nominato da Giustiniano magister militiae Italiae che avrebbe riconquistato molte città agli Ostrogoti ma tale testimonianza viene ritenuta inattendibile per problematiche di carattere cronologico (colloca erroneamente le gesta militari di tale generale tra il 526 e il 528, quando la guerra gotica non era ancora cominciata, e anche la proposta di emendare Giustiniano con Giustino II, spostando le sue gesta nel biennio 565-566, presenta dei problemi, essendo in contraddizione con il fatto che la massima autorità militare nella penisola era allora Narsete). Cfr. Ravegnani 2011, pp. 34-35. (LA) Theodor Mommsen (a cura di), Auctarii Hauniensis Extrema, in Monumenta Germaniae Historica, collana Auctores antiquissimi, Chronica Minora Saec. IV. V. VI. VII (I), Berlino, 1892, pp. 337-340. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568.
Tenendo presente che il termine "esarca" per indicare la massima autorità bizantina in Italia e in Africa compare solo nelle fonti italiche (a parte il riferimento vago e dubbio a un Fozio «esarco di Roma» nell'agiografia di San Teodoro di Sykeon) e che nel greco popolare exarchos significava "generale", non è da escludere che inizialmente fosse un termine ufficioso diffusosi tra il popolo che solo in seguito sarebbe diventato ufficiale. Cfr. Ravegnani 2011, pp. 33-37 e Borri, pp. 3-5. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Francesco Borri, Duces e magistri militum nell'Italia esarcale (VI-VIII secolo) (PDF), in Reti Medievali Rivista, VI, 2005/2 (luglio-dicembre), Firenze, Firenze University Press, 2005, DOI:10.6092/1593-2214/187. URL consultato il 16 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
Il termine exharcatus viene usato solo nelle fonti posteriori al 751 per indicare quella parte dell'odierna Emilia-Romagna sotto il diretto controllo dell'esarca, mentre il termine usato nei documenti ufficiali per indicare l'Italia bizantina era Provincia Italiae. Cfr. Cosentino, p. 137, e Ravegnani 2011, p. 47. Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, ISBN978-88-7395-360-9. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568.
A confermare che Ravenna fu conquistata dai Longobardi entro l'estate 751 è un diploma emesso da Astolfo il 4 luglio 751 a Ravenna nel palazzo dell'esarca. Cfr. Ravegnani 2011, p. 96. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568.
Il termine "esarca", in origine, indicava il comandante di una formazione di sei cavalieri; inoltre, era frequentemente usato nel linguaggio popolare per indicare i generali dell'esercito (ad esempio nelle cronache di Giovanni Malala e di Teofane Confessore il titolo di exarchos viene attribuito a diversi duces e magistri militum bizantini, nonché ad alcuni generali nemici, e anche lo stesso Narsete, nella narrazione della vittoria su Totila, viene definito "esarca dei Romani" dalle suddette fonti). Cfr. Ravegnani 2011, pp. 33-37 e Borri, pp. 3-5. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568. Francesco Borri, Duces e magistri militum nell'Italia esarcale (VI-VIII secolo) (PDF), in Reti Medievali Rivista, VI, 2005/2 (luglio-dicembre), Firenze, Firenze University Press, 2005, DOI:10.6092/1593-2214/187. URL consultato il 16 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
L'ipotesi si basa su un passo ambiguo del Liber Pontificalis, che afferma che Eutichio "dudum exarchus fuerat". Alcuni studiosi hanno tradotto "dudum" con "in precedenza", interpretando il testo come una conferma di un possibile primo mandato di Eutichio da datare intorno al 711-713. Altri studiosi hanno fatto notare invece che "dudum" può significare anche "per lungo tempo", e che quindi il passo del Liber Pontificalis in questione non prova l'ipotesi che Eutichio nel 727 fosse al suo secondo mandato. Cfr. Ravegnani 2011, p. 84 e Eutichio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giorgio Ravegnani, Gli esarchi d'Italia, Roma, Aracne, 2011, ISBN978-88-548-4005-8, OCLC721866568.
Cfr. Ravegnani 2004, p. 83, che ritiene probabile l'istituzione di circoscrizioni militari anche in Liguria e nell'Italia meridionale, pur in assenza di testimonianze dirette; Cosentino, p. 24, sostiene che la Provincia Maritima Italorum (Liguria e Lunigiana) fosse retta da un alto ufficiale (del quale non è specificato il grado) con sede a Luni, il Bruzio da un dux con sede a Reggio e l'Apulia da due tribuni insediati a Siponto e Otranto. Giorgio Ravegnani, I Bizantini in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004, ISBN978-88-15-09690-6, OCLC799591311. Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, ISBN978-88-7395-360-9.
Secondo il Dandolo l'elezione di Paoluccio Anafesto sarebbe avvenuta nel 697, mentre Giovanni Diacono la colloca ai tempi dell'imperatore Anastasio II e del re longobardo Liutprando (tra il 713 e il 715) anche se poi afferma in maniera contraddittoria che Paoluccio si spense nel 727 dopo vent'anni di governo (dunque sarebbe stato eletto intorno al 707). La storiografia moderna, invece, tende a collocare la nascita effettiva del ducato veneziano nel 726 con l'elezione del duca Orso, il terzo nella lista tradizionale dei dogi o duchi di Venezia dopo Paoluccio Anafesto e il magister militumMarcello, la cui storicità è stata messa in dubbio. Cfr. Ravegnani 2006, pp. 35-36. Giorgio Ravegnani, Bisanzio e Venezia, Il mulino, 2006, ISBN88-15-10926-9, OCLC66372865.