Institutiones. Libro II, 25. Sul prestigio di Trebazio troviamo questo inciso: «cuius tunc auctoritas maxima erat».
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Cicerone pose mano a questa breve opera proprio su richiesta di Trebazio; vi si dedicò, lavorando a memoria, nella tappa da Elea a Reggio di un suo viaggio (si veda: Cic. ad familiares7.19). La decisione di intraprendere questo viaggio era maturata nelle turbolenze successive all'assassinio di Cesare, volendo Cicerone raggiungere la Grecia attraverso una lunga e inusuale, ma più sicura navigazione litoranea che, dalle coste tirreniche, attraversasse lo stretto di Sicilia.
Un accenno a una possibile vicenda epicurea di Trebazio compare nell'epistola ad familiares7.12 scritta nel febbraio del 53 a.C., dalle paludi pontine; la notizia è riferita a Cicerone dallo stesso Pansa, allora in Gallia e in procinto di diventare tribuno per il biennio 52-51 a.C. L'accenno è inserito in una sorta di canzonatura, in cui Cicerone indulge all'ironia lieve sullo scarso impegno di Trebazio nella campagna di Gallia, quasi l'avesse scambiata per una molle vacanza tarantina.
L'accoglienza degli ulubrani intenti a rendergli onore viene comicamente resa con l'immagine fabulistica di un'orda di ranocchi gracidanti, in una lettera di poco successiva (ad familiares 7.18).
Sellius, comune amico dei due, fu un oratore le cui doti non sono ritenute eccelse da Cicerone (Cic. ad familiares7.32).
Il riferimento, non chiaro, a Thalna è in una lettera scritta da Vibo a Tito Pomponio Attico: ad Atticum 16.6. Dovrebbe trattarsi, in questo caso, di persona sicuramente diversa dal Thalna nominato (o pseudonimato) in ad Atticum 1.16, giudice corrotto ai tempi del famoso processo in cui Clodio fu imputato e Cicerone testimone. È anche possibile che Cicerone, nella corrispondenza, non facesse menzione dell'ospitalità offertagli a Elea da Trebazio, per non compromettere l'amico.
Cic. ad familiares7.22. La disputa, per inciso, riguardava l'esistenza di certe tradizioni giuridiche circa una facoltà, in capo all'erede, di perseguire giudizialmente un furto avvenuto prima della successione mortis causa.
Cic. ad familiares7.17. Cicerone tende ad imputare l'atteggiamento così titubante (e così poco saggio) dell'amico agli insegnamenti di Cornelio Massimo.
Si intende meglio il consiglio se lo si confronta con l'immagine di un Trebazio appassionato nuotatore, già ricordata in una precedente nota (ad familiares 7.10.2).
Il tentativo con Cicerone è in Plutarco, Vite parallele. Cicerone. 37, 4 (su WikisourceCopia archiviata, su en.wikisource.org. URL consultato il 30 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2009). o su LacusCurtius[1]). La notizia su Sulpicio è tratta dal già citato AA.VV. Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, 1817, che riprende, anche in questo caso, il Gravina. Origines juris civilis, Vol. 1, (De ortu et progressu juris civilis). 1701.
Il tentativo con Cicerone è in Plutarco, Vite parallele. Cicerone. 37, 4 (su WikisourceCopia archiviata, su en.wikisource.org. URL consultato il 30 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2009). o su LacusCurtius[1]). La notizia su Sulpicio è tratta dal già citato AA.VV. Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, 1817, che riprende, anche in questo caso, il Gravina. Origines juris civilis, Vol. 1, (De ortu et progressu juris civilis). 1701.