Lingue gallo-italiche (Italian Wikipedia)

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  • Tamburelli, M., & Brasca, L. (2018). Revisiting the classification of Gallo-Italic: a dialectometric approach. Digital Scholarship in the Humanities, 33, 442-455. [2]

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glottolog.org

helsinki.fi

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  • Adolfo Mussafia, Monumenti antichi di dialetti italiani, Vienna, Tipografia di Corte e di Stato, 1864, p. 229.
    «Fu già da molti osservato che durante i primi due secoli della nostra letteratura allato alla lingua del centro d'Italia (che mercé i numerosi ed illustri suoi scritlori si sollevò ben tosto alla dignità di lingua scritta, comune all'intera penisola) esisteva nel settentrione d'Italia una specie d'idioma letterario, il quale sebbene in certe parti tenesse or dell'uno or dell'altro dialetto, secondo la patria dello scrittore, aveva però molti caratteri comuni. Era un parlare non privo di coltura, con non poche reminiscenze latine, con gran numero di quelle eleganze che non erano né toscane né provenzali né francesi esclusivamente, ma proprie di tutti gl'idiomi neolatini, che nel medio evo pervennero a letterario sviluppo. Se le condizioni letterarie e politiche le fossero state propizie, una tal lingua scritta si sarebbe fissata nel settentrione dell'Italia e sarebbe diventata un nuovo idioma romanzo, molto affine all'italiano, ma pure distinto da esso, a quel modo ed ancor più che il catalano, a cagion d'esempio, era dal provenzale. Per buona ventura dell'Italia tali condizioni mancarono; cosicché fra breve quest'ombra di lingua letteraria, speciale al settentrione, sparì, ed i dialetti si restrinsero nei limiti loro naturali, e quando molto più tardi si cominciò a scrivere in essi e si vennero formando le letterature vernacole, l'unità della lingua era ormai si fermamente stabilita da non averne a temere verun nocumento.»

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