L'usurpazione, raccontata da Conte Marcellino (Lettere, i.11.6), fu centrata attorno a un certo Marcello (coniuratio Marcellana): l'ipotesi che si trattasse del comes semi-indipendente di IlliricoMarcellino è probabilmente da scartare. Lo scopo della congiura era quello di riconquistare il potere imperiale dopo la caduta di Avito e di impedire che l'aristocrazia gallica finisse sotto il controllo di quella italica (Oppedisano 2009, p. 553, n. 36). Fabrizio Oppedisano, Il generale contro l'imperatore. La politica di Maioriano e il dissidio con Ricimero, in Athenaeum, vol. 97, 2009, pp. 543–561.
O'Flynn 1983, pp. 94–95. Sidonio Apollinare afferma che la causa dell'allontanamento di Maggioriano fu la gelosia della moglie di Ezio, che temeva che il giovane generale potesse oscurare il prestigio del marito (Carmina, v. 290–300). John Michael O'Flynn, Generalissimos of the Western Roman Empire, Edmonton (Alberta, Canada), University of Alberta Press, 1983, ISBN0-88864-031-5. Ed. it. I generalissimi dell'Impero romano d'Occidente, Ar, Padova, 2020.
In alcuni periodi, tuttavia, si ha testimonianza di talune importazioni a Roma di materiali lapidei grezzi e semilavorati – quantunque esclusivamente dalla Grecia e dall'Asia Minore – accompagnati da indizi che tali importazioni corrispondessero anche all'avvento di generali in grado di porre sotto scacco i barbari, come Stilicone; si avanza inoltre l'ipotesi che almeno una parte dei materiali d'importazione utilizzati nel periodo, anche accanto a materiali di spoglio, provenissero in realtà da depositi imperiali e privati ove erano rimasti accantonati anche per decine e decine di anni (cfr. Serena Ensoli e Eugenio La Rocca [a cura di], Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana, catalogo della mostra [Palazzo delle Esposizioni, 22 dicembre 2000 – 20 aprile 2001], Roma, L'Erma di Bretschneider, 2000, pp. 341–350. ISBN 88-8265-126-6).
Considerata l'attenzione di Maggioriano per far gravare la giusta proporzione della pressione fiscale sui possedimenti dei più ricchi, è possibile che far costruire la flotta in Italia – a spese locali – fosse un modo per far contribuire i ricchi possidenti dell'aristocrazia italica ai costi dello sforzo bellico (Oost 1970, p. 232). Stewart Irvin Oost, D. N. Libivs Severvs P. F. AVG, in Classical Philology, vol. 65, n. 4, 1970, pp. 228–240.
L'identificazione, derivata da un brano di Prisco di Panio, non è universalmente accettata dagli storici (si veda MacGeorge 2002, p. 189, per il riassunto delle argomentazioni a favore dell'identificazione e «Domninus 3», PLRE II, p. 373, per un'opinione contraria). Penny MacGeorge, Late Roman Warlords, Oxford; New York, Oxford University Press, 2002, ISBN0-19-925244-0.
Maggioriano, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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Il primo intervento legislativo noto a tutela dei monumenti di Roma risale al I secolo. Nel 71 un decreto del Senato, su iniziativa dell'imperatore Tito Flavio Vespasiano, vietava la demolizione di edifici al fine di ricavarne marmi con fini di lucro. È tuttavia con il trasferimento della capitale da Roma e con la crisi dell'impero occidentale che il fenomeno si fa di proporzioni allarmanti, inducendo l'emissione di numerosi provvedimenti di tutela. All'inizio del IV secolo l'imperatore Costanzo proibisce con un editto il saccheggio dei sepolcri, prevedendo la confisca degli edifici nei quali il materiale di spoglio ricavato era reimpiegato. Il nono libro del Codice teodosiano (439), contiene norme volte alla prevenzione e alla sanzione della spoliazione dei sepolcri al fine di ricavarne materiali da costruzione (cfr. Giuseppe Baldassarre, Ruggero Francescangeli, Dipartimento di Geologia e Geofisica dell'Università di Bari, Marmi antichi – La tutela in duemila anniArchiviato il 10 settembre 2017 in Internet Archive.).
Dal testo della Novella Maioriani: «Col pretesto che le pietre servono per opere di utilità pubblica si distruggono le solenni scritture (sic) di antichi palazzi e si demoliscono opere grandiose per costruire chissà dove cose mediocri e brutte. Da qui nascono gli abusi per cui persino chi costruisce una casa privata ha l'audacia di portare via dai monumenti pubblici il materiale che gli occorre, col favore dei giudici; e invece dovrebbe essere proprio l'amore dei cittadini a provvedere alle restaurazioni necessarie a che le città conservino il loro splendore. Decretiamo pertanto con una legge che non contempla eccezioni che per quanto riguarda tutti gli edifici eretti dagli antichi per utilità o per ornamento pubblico siano essi templi o monumenti d'altro genere è proibito che essi siano distrutti o deteriorati. Qualunque magistrato che permetta una cosa simile sarà punito con una multa di cinquanta libbre d'oro. A qualunque funzionario subalterno o numerarius che gli presti obbedienza e non si opponga ai suoi ordini sarà invece comminata la pena della fustigazione e del taglio delle mani per aver offeso, invece che protetto, i monumenti antichi...» (cfr. Giuseppe Baldassarre, Ruggero Francescangeli, Dipartimento di Geologia e Geofisica dell'Università di Bari, Marmi antichi – La tutela in duemila anniArchiviato il 10 settembre 2017 in Internet Archive.).
Il primo intervento legislativo noto a tutela dei monumenti di Roma risale al I secolo. Nel 71 un decreto del Senato, su iniziativa dell'imperatore Tito Flavio Vespasiano, vietava la demolizione di edifici al fine di ricavarne marmi con fini di lucro. È tuttavia con il trasferimento della capitale da Roma e con la crisi dell'impero occidentale che il fenomeno si fa di proporzioni allarmanti, inducendo l'emissione di numerosi provvedimenti di tutela. All'inizio del IV secolo l'imperatore Costanzo proibisce con un editto il saccheggio dei sepolcri, prevedendo la confisca degli edifici nei quali il materiale di spoglio ricavato era reimpiegato. Il nono libro del Codice teodosiano (439), contiene norme volte alla prevenzione e alla sanzione della spoliazione dei sepolcri al fine di ricavarne materiali da costruzione (cfr. Giuseppe Baldassarre, Ruggero Francescangeli, Dipartimento di Geologia e Geofisica dell'Università di Bari, Marmi antichi – La tutela in duemila anniArchiviato il 10 settembre 2017 in Internet Archive.).
Dal testo della Novella Maioriani: «Col pretesto che le pietre servono per opere di utilità pubblica si distruggono le solenni scritture (sic) di antichi palazzi e si demoliscono opere grandiose per costruire chissà dove cose mediocri e brutte. Da qui nascono gli abusi per cui persino chi costruisce una casa privata ha l'audacia di portare via dai monumenti pubblici il materiale che gli occorre, col favore dei giudici; e invece dovrebbe essere proprio l'amore dei cittadini a provvedere alle restaurazioni necessarie a che le città conservino il loro splendore. Decretiamo pertanto con una legge che non contempla eccezioni che per quanto riguarda tutti gli edifici eretti dagli antichi per utilità o per ornamento pubblico siano essi templi o monumenti d'altro genere è proibito che essi siano distrutti o deteriorati. Qualunque magistrato che permetta una cosa simile sarà punito con una multa di cinquanta libbre d'oro. A qualunque funzionario subalterno o numerarius che gli presti obbedienza e non si opponga ai suoi ordini sarà invece comminata la pena della fustigazione e del taglio delle mani per aver offeso, invece che protetto, i monumenti antichi...» (cfr. Giuseppe Baldassarre, Ruggero Francescangeli, Dipartimento di Geologia e Geofisica dell'Università di Bari, Marmi antichi – La tutela in duemila anniArchiviato il 10 settembre 2017 in Internet Archive.).
Mausoleo di Maiorano (sec. I a.C.), in Comune di Tortona. URL consultato il 14 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 14 agosto 2018).
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Maggioriano, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.