Piero Sansonetti, Così i giornalisti fecero i killer della prima Repubblica, in Il Dubbio, 29 dicembre 2016. URL consultato il 29 dicembre 2016 (archiviato il 30 dicembre 2016). «Il decreto non fu bocciato dal Parlamento ma dal pool dei giornali. Ricordo che quel giorno all'Unità era arrivato un articolo di un dirigente del partito, favorevole al decreto. Poi alle sette del pomeriggio ci fu l'abituale giro di telefonate con gli altri direttori e si decise di affossare il decreto. L'editoriale fu corretto. Il giorno dopo i quattro giornali spararono a palle incatenate, e tutti gli altri giornali li seguirono (la potenza di fuoco di quei quattro giornali era grandissima e costringeva le altre testate ad adeguarsi). Il Presidente della Repubblica si rifiutò di firmare il decreto, che decadde».
Elena Ciccarello, Corruzione, lo studio: "Sempre più in Comuni e Regioni". Dopo Mani pulite 64 parlamentari coinvolti in indagini, in il Fatto quotidiano.it, 16 dicembre 2016. URL consultato il 17 dicembre 2016 (archiviato il 17 dicembre 2016). «Sono ben 64 i parlamentari invischiati in storie di corruzione dal 1994 ad oggi, in un fenomeno che ruota sempre meno attorno ai partiti e riguarda sempre di più reti politico-affaristiche, con un coinvolgimento crescente di esponenti della criminalità organizzata. [...] La ricerca ha scandagliato le sentenze della Corte di Cassazione dal 1995 al 2015 e le autorizzazioni a procedere nei confronti di parlamentari e ministri a partire dal 1994, per un totale di 580 sentenze della cassazione e 104 richieste di autorizzazione».
Filippo Facci, Per fatto personale, su macchianera.net, Macchianera, 11 ottobre 2009. URL consultato il 1º novembre 2009 (archiviato il 14 ottobre 2009). «Il settimanale Il Sabato pubblicò un dossier che conteneva tutta una serie di notizie imbarazzanti per Antonio Di Pietro. Erano cose che perlopiù conoscevo e che nel mio libro fantasma avevo sviluppato in parte meglio e in parte peggio. Furono sbrigativamente bollate come "calunnie", come capitava a ogni minimo rilievo mosso contro Di Pietro, ma fu un altro fatto a colpirmi. Mi suonavano stranamente familiari, di quel dossier, almeno un paio di passaggi. Ebbi l'impressione che l'estensore avesse quantomeno consultato il mio libro fantasma, ma fu solo un primo campanello d'allarme. Presto un altro episodio l'avrebbe terribilmente superato».
Marco Travaglio, Cronistoria '92-'93-'94-'95, in MicroMega, ottobre 2002. URL consultato l'11 marzo 2006 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2002).
Giampiero Buonomo, Dura lex sed negligens, in MondOperaio, n. 9/2014. URL consultato il 22 febbraio 2015 (archiviato il 23 luglio 2017).
Piero Sansonetti, Così i giornalisti fecero i killer della prima Repubblica, in Il Dubbio, 29 dicembre 2016. URL consultato il 29 dicembre 2016 (archiviato il 30 dicembre 2016). «Il decreto non fu bocciato dal Parlamento ma dal pool dei giornali. Ricordo che quel giorno all'Unità era arrivato un articolo di un dirigente del partito, favorevole al decreto. Poi alle sette del pomeriggio ci fu l'abituale giro di telefonate con gli altri direttori e si decise di affossare il decreto. L'editoriale fu corretto. Il giorno dopo i quattro giornali spararono a palle incatenate, e tutti gli altri giornali li seguirono (la potenza di fuoco di quei quattro giornali era grandissima e costringeva le altre testate ad adeguarsi). Il Presidente della Repubblica si rifiutò di firmare il decreto, che decadde».
Gian Antonio Stella, Craxi: perché non andate fino in fondo?, in Corriere della Sera, 5 agosto 1993. URL consultato il 30 ottobre 2015 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2015).
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