La questione è parecchio controversa. NesterovArchiviato il 21 gennaio 2016 in Internet Archive. racconta che Jarošenko fu messo agli arresti domiciliari per una settimana e che, in quel frangente, Il Castello Litovskij fu tenuto in consegna da un suo conoscente, ma in modo tanto maldestro da rovinarlo irrimediabilmente. Altri, che riprendono la versione degli arresti domiciliari, sostengono che il quadro fu sequestrato dalle autorità, per non ricomparire mai più. Porudominskij, dopo aver osservato che Nesterov è l'unica fonte a rivelare la notizia degli arresti — non menzionata nello stato di servizio di Jarošenko —, sottolinea che essendo intimo del pittore può averne avuto notizia da lui. Nel materiale d'archivio compare invece un interrogatorio, svoltosi in un momento imprecisato ma successivo all'esecuzione dei pervomartovcy, ordinato dal feldmaresciallo, granduca Michail Nikolaevič, per testare l'affidabilità politica di Jarošenko nel momento in cui gli era stato affidato l'incarico di familiarizzare con un nuovo tipo di fucile in produzione a Tula. Gli fu chiesto, in riferimento al Castello Litovskij, perché avesse rappresentato la Zasulič o la Perovskaja, e lui rispose di non aver «dipinto né l'una né l'altra», perché non le aveva mai viste, e per ribadire il concetto aggiunse che, come credeva «immorale per un miscredente dipingere le icone», allo stesso modo non poteva dipingere ciò che non aveva «toccato». Sembra anche che fu in questa occasione che Jarošenko, a una domanda su quale fosse il «senso» della sua arte, abbia detto la frase citata in testa alla presente voce.
La questione è parecchio controversa. NesterovArchiviato il 21 gennaio 2016 in Internet Archive. racconta che Jarošenko fu messo agli arresti domiciliari per una settimana e che, in quel frangente, Il Castello Litovskij fu tenuto in consegna da un suo conoscente, ma in modo tanto maldestro da rovinarlo irrimediabilmente. Altri, che riprendono la versione degli arresti domiciliari, sostengono che il quadro fu sequestrato dalle autorità, per non ricomparire mai più. Porudominskij, dopo aver osservato che Nesterov è l'unica fonte a rivelare la notizia degli arresti — non menzionata nello stato di servizio di Jarošenko —, sottolinea che essendo intimo del pittore può averne avuto notizia da lui. Nel materiale d'archivio compare invece un interrogatorio, svoltosi in un momento imprecisato ma successivo all'esecuzione dei pervomartovcy, ordinato dal feldmaresciallo, granduca Michail Nikolaevič, per testare l'affidabilità politica di Jarošenko nel momento in cui gli era stato affidato l'incarico di familiarizzare con un nuovo tipo di fucile in produzione a Tula. Gli fu chiesto, in riferimento al Castello Litovskij, perché avesse rappresentato la Zasulič o la Perovskaja, e lui rispose di non aver «dipinto né l'una né l'altra», perché non le aveva mai viste, e per ribadire il concetto aggiunse che, come credeva «immorale per un miscredente dipingere le icone», allo stesso modo non poteva dipingere ciò che non aveva «toccato». Sembra anche che fu in questa occasione che Jarošenko, a una domanda su quale fosse il «senso» della sua arte, abbia detto la frase citata in testa alla presente voce.
Biografia di N. A. Jarošenko, su gorenka.org. URL consultato il 20 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2015).
V. Visockij, cit., su c-cafe.ru. URL consultato il 13 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2011).
Ibid., su c-cafe.ru. URL consultato il 13 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2011).
La questione è parecchio controversa. NesterovArchiviato il 21 gennaio 2016 in Internet Archive. racconta che Jarošenko fu messo agli arresti domiciliari per una settimana e che, in quel frangente, Il Castello Litovskij fu tenuto in consegna da un suo conoscente, ma in modo tanto maldestro da rovinarlo irrimediabilmente. Altri, che riprendono la versione degli arresti domiciliari, sostengono che il quadro fu sequestrato dalle autorità, per non ricomparire mai più. Porudominskij, dopo aver osservato che Nesterov è l'unica fonte a rivelare la notizia degli arresti — non menzionata nello stato di servizio di Jarošenko —, sottolinea che essendo intimo del pittore può averne avuto notizia da lui. Nel materiale d'archivio compare invece un interrogatorio, svoltosi in un momento imprecisato ma successivo all'esecuzione dei pervomartovcy, ordinato dal feldmaresciallo, granduca Michail Nikolaevič, per testare l'affidabilità politica di Jarošenko nel momento in cui gli era stato affidato l'incarico di familiarizzare con un nuovo tipo di fucile in produzione a Tula. Gli fu chiesto, in riferimento al Castello Litovskij, perché avesse rappresentato la Zasulič o la Perovskaja, e lui rispose di non aver «dipinto né l'una né l'altra», perché non le aveva mai viste, e per ribadire il concetto aggiunse che, come credeva «immorale per un miscredente dipingere le icone», allo stesso modo non poteva dipingere ciò che non aveva «toccato». Sembra anche che fu in questa occasione che Jarošenko, a una domanda su quale fosse il «senso» della sua arte, abbia detto la frase citata in testa alla presente voce.