Cesare Luporini suppone che Leopardi avesse previsto una possibile pubblicazione dell'opera, e in ciò starebbe il motivo dei vari indici realizzati per lo Zibaldone; forse ne voleva fare la base per una delle opere progettate e mai scritte, come la Lettera a un giovane del XX secolo o per una nuova raccolta dei Pensieri; cfr. Cesare Luporini, Il pensiero di Leopardi, 1987
Raffaele Urraro, Giacomo Leopardi: le donne, gli amori (PDF), collana Biblioteca dell'«Archivum Romanicum», I: Storia, Letteratura, Paleografia, n. 349, Olschki, 2008, ISBN9788822258038. URL consultato il 9 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2018).
Sebbene taluni critici abbiano affermato che Leopardi sia più nichilista e pessimista di Schopenhauer, secondo Francesco de Sanctis il tedesco supera invece l'italiano (che cerca sempre di mantenersi vivi gli "inganni dell'immaginazione"), ricordando inoltre che Leopardi rifiuta di chiudersi completamente in sé, pur criticando e bersagliando di sarcasmo i progressisti (specialmente i cattolici liberali), ripiegandosi su una posizione passiva e talvolta reazionaria come fa invece Schopenhauer, in nome della sua "antipolitica". Cfr. Schopenhauer e il suo tempo, su philosophicaonline.it. URL consultato il 15 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2014).; S. propone la rinuncia all'esistenza, compresa agli aspetti piacevoli, e l'ascesi, pur non praticandola; inoltre in Schopenhauer è presente, al di là delle dichiarazioni di facciata, una profonda misantropia che in Leopardi è assente; per il recanatese, difatti, gli altri uomini vanno "stoicamente" tollerati anche quando sbagliano, in quanto prigionieri anche loro del nulla e del dolore, dell'«infinita vanità del tutto».(A sé stesso, v. 16)