«Per la Chiesa, l'azzardo ludico (che il latino esprime con la parola
alea) è un abominio, e tutti i giochi d'azzardo diabolici. […] Sono dunque i dadi ad aver nuociuto agli scacchi. Il vescovo di
Firenze, che
Pier Damiani aveva accusato nel
1061 di aver giocato agli scacchi, rispose a sua difesa che certamente aveva giocato, ma «senza dadi». In realtà, rinunciando all'impiego dei dadi, gli scacchi acquistano a poco a poco uno statuto onorevole ed in seguito particolarmente apprezzato. La riflessione sostituisce ormai l'azzardo. E se, alla fine del XII secolo, i prelati lo vietano ancora ai chierici – perché giocare è un'attività vana, che dà luogo a litigi e bestemmie – iniziano a tollerarlo per i laici. Alla metà del secolo successivo, la pratica del gioco è persino prevista dagli statuti di alcune fondazioni pie, alla esplicita condizione di non giocare né con i dadi né per guadagnare denaro. Alcuni autori, come
Gualtiero de Coincy nei suoi
Miracles de la Vierge, arrivano sino a mettere in scena partite che oppongono gli inviati di Dio e quelli del Diavolo.»