Luciano Cresci, Capitolo 29. Le comete, in Stelle celebri, Hoepli, 2002, p. 159, ISBN 978-88-203-3082-8.
«Sembra che Sisifo avesse svelato ai mortali i segreti degli dèi; oppure che avesse compiuto un grave sgarbo nei confronti di Zeus, denunciando al padre il rapimento di una fanciulla compiuto dal dio; oppure che avesse la colpa di essere assai avido del denaro altrui; o ancora fosse protagonista di faccende familiari poco edificanti. Fatto sta che per l’uno o l’altro motivo il padre degli dèi, irritato e offeso, decide di farla finita e manda la Morte (Tanato) a prelevarlo. Ma Sisifo con un sapiente inganno riesce a incatenarla, cosicché non moriva più nessuno. Era una situazione paradossale e dovettero intervenire gli dèi, che mandarono addirittura Ares a liberarla. Così Sisifo fu finalmente prelevato da Tanato e condotto agli inferi. Ma non invano Sisifo era famoso per la sua furbizia. Nel prevedere la sua dipartita egli aveva raccomandato alla moglie Merope di non tributargli i consueti onori funebri: e poiché un morto non si può considerare proprio morto se non dopo che siano stati compiuti i riti del passaggio, egli si mostrò talmente addolorato e afflitto per questa carenza procedurale, che la pia Proserpina e anche il marito Plutone, signori degli Inferi, s’impietosirono, e gli consentirono di tornare brevemente in vita per sistemare le cose...»