Varietà della lingua lombarda (Italian Wikipedia)

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appennino4p.it

  • Daniele Vitali, Pronuncia, su appennino4p.it, Dove comincia l'Appennino. URL consultato il 21 gennaio 2017.
  • Daniele Vitali, Dialetti delle Quattro province, su appennino4p.it, Dove comincia l'Appennino. URL consultato il 22 agosto 2020.

archive.org

  • Bernardino Biondelli, Saggio sui dialetti gallo-italici, 1853, pp. 4-5.
    «Il dialetto principale rappresentante il gruppo occidentale si è il Milanese, e ad esso più o meno affini sono: il Lodigiano, il Comasco, il Valtellinese, il Bormiese, il Ticinese e il Verbanese. Il gruppo orientale è rappresentato dal Bergamasco, al quale sono strettamente congiunti, per comuni proprietà, il Cremasco, il Bresciano e il Cremonese.

    Il Milanese è il più esteso di tutti. Oltre alla provincia di Milano occupa una parte della pavese fino a Landriano e Bereguardo; e, varcando quivi il Ticino, si estende in tutta la Lomellina e nel territorio novarese compreso tra il Po, la Sesia ed il Ticino, fino a poche miglia sopra Novara.

    Il Lodigiano si parla entro angusti limiti, nella breve zona compresa tra l'Adda, il Lambro ed il Po, risalendo fino all'Addetta nei contorni di Paullo; inoltre occupa un piccolo lembo lungo la riva orientale dell'Adda, intorno a Pandino e Rivolta.

    Il Comasco estèndesi in quasi tutta la provincia di Como, tranne l'estrema punta settentrionale al di là di Menagio e di Bellano a destra e a sinistra del Lario; e in quella vece comprende la parte meridionale Piana del Cantone Ticinese, sino al monte Cènere.

    Il Valtellinese occupa colle sue varietà le valli alpine dell'Adda, della Mera e del Liro, inoltràndosi ancora nelle Tre Pievi, lungo la riva del Lario, intorno a Gravedona , e a settentrione nelle quattro valli dei Grigioni italiani, Mesolcina, Calanca, Pregallia e Puschiavina.

    L'estremità più elevata settentrionale della valle dell'Adda, che comprende a un dipresso il distretto di Bormio, colla piccola valle di Livigno situata sull'opposto pendio del monte Gallo, è occupata dal dialetto Bormiese.

    Il Ticinese è parlato nella parte settentrionale del Cantone Svizzero d'egual nome, al norte del monte Cènere, in parecchie varietà, tra le quali distinguonsi sopra tutto le favelle delle valli Maggia, Verzasca, Leventina, Bienio ed Onsernone.

    Il Verbanese estèndesi tra il Verbano, il Ticino e la Sesia, dalle Alpi lepóntiche fin presso a Novara, ed è quindi parlato lungo ambe le sponde del Verbano, spaziando ad occidente in tutte le vallate che vi affluiscono, ed insinuàndosi nella più estesa della Sesia colle sue affluenti del Sermenta e del Mastallone.

    Il Bergamasco confina a settentrione col Valtellinese, da cui lo divide l'alta catena delle Prealpi orobie; ad occidente col Comasco e col Milanese. Esso occupa le valli del Brembo e del Serio, confinando ad oriente col Bresciano, e, giunto alla pianura, si stende tra l'Ollio e l'Adda, scendendo fin sopra i Mosi di Crema.

    Il Cremasco è una breve continuazione del Bergamasco, a mezzogiorno del quale si estende sino alla foce del Serio, occupando i soli distretti VIII e IX della provincia di Lodi.

    Il Bresciano è parlato nell'estesa valle dell'Ollio, in quella del Clisio fin entro il Tirolo, e lungo la riva destra del lago Benaco, fino a Desenzano; di là per una linea trasversale, che discende fino a Canneto sull'Ollio, confina col Mantovano.

    Il Cremonese per ùltimo giace tra gli indicati confini del Lodigiano, del Cremasco e del Bresciano, e la riva sinistra del Po, che segue dalla foce dell'Adda sin presso a quella dell'Ollio, dove confina col Mantovano.»
  • Bernardino Biondelli, Saggio sui dialetti gallo-italici, 1853, p. 7.
    «Il dialetto milanese, rappresentando il gruppo occidentale, e raccogliendo quindi in sè solo i principali caràtteri comuni, è meglio distinto da' suoi affini per le proprietà esclusive di ciascuno di questi, che non per le proprie. Se non che, essendo parlato nel centro della lombarda civiltà, e trattato per ben tre sècoli da una lunga serie di valenti scrittori, emerge fra gli altri per dovizia di voci, politezza di forme e dolcezza di suoni, accostàndosi sempre più alla lingua aulica generale. Esso infatti va perdendo tutto giorno i vocàboli più strani e più vulgari, ai quali sostituisce mano mano i corrispondenti italiani, ed alle antiche permutazioni di lettere, persistenti nelle campagne e nei vicini dialetti, va sostituendo a poco a poco le forme dell'italiana favella. Per esempio, la passata generazione soleva cangiare sovente la l in r, la t in č, la d in ğ, dicendo scara, vorè, per scala, volere; lèc, strèč, per letto, stretto; frèč per freddo e simili; mentre il Milanese d'oggidì preferisce le forme scala, volè, lèt, strèt, frèd, ec. La passata generazione faceva uso del passato assoluto nei verbi che la presente ha affatto perduto, ed al quale sostituisce il passato composto coll'ausiliare; onde in luogo delle voci trovè, disè, , per trovò, disse, fece, suole ora adoperare l'à trovâ, l'à dit, l'à fâ. Le quali antiche proprietà, serbàndosi tuttavìa in vigore nella campagna e nei vicini dialetti, vàlgono precipuamente a separare da questi il Milanese propriamente detto. Esso però distìnguesi ancora dagli altri per la maggiore frequenza, e pel prolungamento dei suoni nasali che vi prodùcono una speciale cantilena. Suddivìdesi quindi in cìvico e rùstico; il primo è parlato dal pòpolo milanese; il secondo nelle campagne, ove si parla con infinite varietà, e queste vanno a poco a poco assimilàndosi ai più vicini dialetti.»
  • Francesco D'Ovidio, Wilhelm Meyer-Lübke, Grammatica storica della lingua e dei dialetti italiani, su archive.org, Hoepli. URL consultato l'11 febbraio 2014.
  • Bernardino Biondelli, Saggio sui dialetti gallo-italici, 1853.
  • Bernardino Biondelli, Saggio sui dialetti gallo-italici, 1853, p. 18.

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  • Josh Brown, Il contatto linguistico nel medioevo lombardo, in Revista de Filología Románica, vol. 35, 2018.
    «La formazione di una koinè si può considerare la caratteristica principale dello sviluppo della lingua lombarda dal Quattrocento al Cinquecento. Fino a che punto Milano influenzasse la koinè lombarda è tuttavia ancora una questione aperta. Da un lato, alcuni studiosi sostengono che Milano svolgeva un ruolo di forza centralizzatrice per la “milanesizzazione” degli altri volgari lombardi, in modo simile a quanto accadeva in Piemonte e in Veneto. Dall’altro, molti studi negano a Milano questo ruolo sulla koinè lombarda e ribadiscono l’importanza di verificare se il prestigio di Milano influenzava i volgari non-milanesi.»

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  • Brianzolo, su sapere.it, DeAgostini. URL consultato il 4 settembre 2016.

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